di Benedetta
CODA SCOMODA di Benedetta
Il problema era il cappottino. Per infilarselo ci metteva un sacco di tempo perché quella sua flessibile appendice andava attentamente arrotolata.. La pelle era delicata come quella di un bimbo, rosea e sottile. Il suo culetto non invecchiava, non assumeva parti coriacee, rughe o peli e i segmenti cartilaginei che si piegavano docili su se stessi, sembravano a volte una morbida ciambellina.
Coda, codina, estensione, propaggine, svolazzo, membro, estremità, conclusione, appendice, etcetera, etcetera… Insomma ciò che di lei, all’occasione, era la caratteristica discriminatoria, le causava momenti di incontenibile istinto e momenti di tenere effusioni quando, con improvvisi cedimenti, giocherellava con le sue parti intime.
Nessuno conosceva a fondo il segreto di Lila fino a quando, per un incidente, venne ricoverata in un ospedale e un chirurgo di pochi scrupoli, sistemandole il bacino fratturato, le tagliò anche quella, a suo parere, inutile estensione: un taglio netto. Zak…
– Due piccioni con una fava – disse – una coda così lunga e così scomoda…! –
aspettandosi riconoscenti bau bau…Ma il cuore di Lila amputata, recisa, scorticata …Vio-la-ta! pompava guaiti di vendetta mentre in gola gorgogliavano afone le corde vocali.
Quella appendice, se pur impropria, era il suo sostegno, la sua magia, la sua intima individualità, la sua… seconda anima, il freno alla brutalità. La sua risposta fu veloce e risolutiva.
Con fulminea, latente familiarità, balzò alla gola dell’intraprendente veterochirurgo. E e gioì alla vista del fiotto di sangue.
Ma non si sentì ripagata. Un indefinibile scoramento la rapì: non rinnovò il guardaroba, e l’inutile abbondanza del panno dove riponeva con tanta cura quel suo magico attributo, ballonzolava ad ogni frusciare d’erba.
Se ne stava ore immobile e assorta, accartocciata in zone nascoste del parco e si sentiva così integrata nella normalità globalizzante che una casa o un canile non avrebbero fatto alcuna differenza.
Non sentiva nemmeno il dovere storico di concludere che la scomodità dà forza, fantasia, vitalità nonché intelligente esigenza di progettualità.